Storia del Nuoto

Il lato oscuro del nuoto: la storia di Kristin Otto

Foto: Swimmingworldmagazine.com

Il lato oscuro del nuoto: la storia di Kristin Otto

Se guardiamo alla storia “recente” delle Olimpiadi, c’è un’immagine che definiremmo iconica. Ben Johnson che taglia il traguardo con l’indice puntato verso il cielo. Il centometrista più veloce del mondo nel 1988, con un tempo quasi impossibile per l’epoca. Come poteva un essere umano correre così veloce? C’era chi poneva questa domanda con sospetti neanche troppo velati.

E la risposta arrivò pochi giorni dopo. Johnson era risultato positivo agli steroidi e fu privato della sua medaglia d’oro. La storia di Johnson coincise, all’epoca, con gli ultimi giorni delle gare di nuoto in cui ci furono due eventi che si fecero notare. Tra gli uomini, Matt Biondi riuscì quasi a raggiungere il record del 1972 di Mark Spitz prendendosi sette medaglie in un’unica edizione Olimpica. Per le donne invece, ci fu Kristin Otto.

Kristin Otto, Germania dell’Est

Kristin Otto della Germania dell’Est sembrava aver stabilito un nuovo standard. In Otto giorni non ne sbagliò una.  Quattro trionfi individuali e due in staffetta. E purtroppo non c’era per le donne la staffetta 4 x 200 Stile Libero, altrimenti Kristin avrebbe eguagliato il record di Spitz di 16 anni prima. Ciononostante le sei medaglie d’oro che si portò a casa restano un record ineguagliato per le donne ai Giochi Olimpici.

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Ma proprio come per Johnson, ci fu chi cominciò a sospettare. Fin dai primi anni ’70 e giu giu ad arrivare alla fine degli ’80, la Germania dell’Est ha dominato nel nuoto. Sia alle Olimpiadi che alle competizioni mondiali ed europee. Già moltissimi sospettavano, pur senza prove, che ci fosse qualcosa di poco etico al lavoro. Da essere un elemento di scarsa rilevanza sportiva, il nuoto della Germania dell’Est cominciò a vincere tantissimo, e così fu per una decade e mezzo. Poteva essere legittimo sospettare? O era solo livore da guerra fredda?

Ma c’erano altri indizi

Non fu solo il successo improvviso della Germania dell’Est , e diffuso in tutti gli sport, a provocare grande scetticismo. Furono anche le caratteristiche fisiche degli atleti. Muscolature fuori dal normale, voci profonde, acne ovunque. Si disse anche che il programma di doping era così sistematico e specifico da prevedere un monitoraggio continuo degli atleti. Se prima delle gare c’era una possibilità che risultassero positivi all’antidoping, allora venivano ritirati dalla competizione. Non so quanto possa essere credibile una simile teoria. Al momento articoli che ne parlano non citano fonti in merito.

Ma in questo clima Otto era abituata alle accuse. Disse: “Non ho mai preso consapevolmente sostanze vietate”, ha detto Otto. “Non so di aver mai preso qualcosa per aiutare la mia performance.” E figuriamoci se quel “consapevolmente” non avrebbe spinto a maggiori sospetti. Kornelia Ender non ha messo in discussione il sistema. Nemmeno Barbara Krause. Petra Thumer ha seguito le direttive prescritte. Anche Petra Schneider era obbediente. Queste nuotatrici non potevano dire di no agli steroidi o avrebbero visto la loro carriera interrompersi bruscamente.

Fu così anche per Kristin Otto?

Già a 16 anni, Campionati del Mondo del 1982, Otto ha ottenuto molti successi internazionali. Tre medaglie d’oro. Ai Campionati Europei dell’anno successivo altre tre medaglie. Poi nell’84 ci fu un boicottaggio da parte dei paesi del blocco orientale (in risposta a quello statunitense di Mosca 1980). Quindi Kristin dovette aspettare il 1988 per potersi presentare alle Olimpiadi.

Altre vittorie nell’1984 e nell’85 nove mesi di stop per un infortunio al collo. Ma per i mondiali dell’86 si rimise in forma smagliante e si portò a csa sei medaglie, di cui 4 d’oro. E un record del mondo che durò per 5 anni. E ancora l’anno dopo agli Europei 5 medaglie d’oro. Il suo allenatore Wolfgang Richter disse di lei “è la migliore perché lavoroa più duro delle altre. È ostinata, non sopporta di perdere”. Arrivata alle Olimpiadi di Seoul fece il botto. .

In breve

In breve, si portò a casa sei medaglie d’oro in altrettante gare. Nessun record del mondo ma oro in tre stili diversi. Una prestazione che fece paragonare la Otto alla leggenda americana Tracy Caulkins (dall’allenatore olimpico Don Gambril). Se pensiamo quanto gli americani cercassero di delegittimare la Germania dell’Est, gioca forse a favore dell’innocenza di Otto questa dichiarazione  del Coach Gambril.

Quando a Kristin venne chiesto del suo coinvolgimento nel doping, lei fece notare che non era mai risultata positiva, e all’epoca era una delle atlete più controllate al mondo. Ma forse anche per questo si prese un anno sabbatico dopo queste Olimpiadi. Kristin gareggiò agli Europei del 1989 portando a casa 4 medaglie. Dopodiché si ritirò, laurendosi in giornalismo e diventando una giornalista televisiva in Germania.

I soliti sospetti

Che una carriera di tutto rispetto e senza mai un’esame positivo al doping possa essere diventata una leggenda a base di sospetto e allusioni steroidee è una cosa che non fa onore né ai maldicenti né allo sport. Dopo la caduta del muro di Berlino furono rivelati un bel po’ di segreti riguardanti la Germania dell’Est. Inclusi i sistematici programmi di doping per gli atleti, conosciuti formalmente come Piano 14.25.  Nei documenti relativi, però, colpo di scena. Nelle liste della Stasi, la polizia segreta, il nome di Kristin Otto era tra quelli a cui fornire steroidi.

Otto ha sempre negato, anche in polemica con altre atlete, come ad esempio Rica Reinisch.

La conclusione

Kristin Otto sarà ricordata a lungo come un atleta eccezionale. Ma allo stesso tempo quei risultati saranno sempre contaminati dal dubbio? L’hanno aiutata gli steroidi? E allora perché nessuno glieli ha mai trovati in corpo?

“Ho fronteggiato (accuse sul doping) per anni”, ha detto una volta Otto. “Niente di nuovo per me. Sfortunatamente sono accuse che non si cancellano. Tuttavia bisogna tener sempre a mente che, all’epoca, ero una delle atlete più controllate al mondo”.

Forse ci rimarrà sempre il dubbio.

Liberamente Tratto da Swimming World Magazine . com

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