Altro aspetto d’interesse che differenzia il mezzo acquatico dal terrestre è quello dell’aumento della pressione idrostatica che si sperimenta all’introdursi nell’acqua. La pressione idrostatica è direttamente correlata con la densità del fluido e l’acqua è 800 volte piu densa dell’aria. Ciò fa si che ogni 10 metri di profondità, la pressione idrostatica aumenti, approsimativamente, di 1 amosfera (101.325 Pa o 760 millimetri di mercurio). Questa situazione va tenuta presente quando si fa della subacquea, specialmente a grande profondità, perché l’aumento di pressione comprime i tessuti biologici e può originare qualche problema nell’orecchio medio se non si esegue una compensazione adatta a contrastare la pressione. I tessuti molli son quelli piu modificati dall’aumento di pressione, specialmente i polmoni. Quindi, come mostra la figura 7, ogni volta che aumenta la pressione in 1 atmosfera, il volume polmonare si comprime della metà, ne consegue che a 10 m. di profondità, il volume polmonare è circa la metà rispetto al suo volume a livello del mare e così di seguito (si tenga comunque presente che esistono dei meccanismi interni che aumentano la resistenza alla compressione).
Senza necessita di immergersi tanto in profondità per comprendere la pressione idrostatica, la compressione sperimentata quando si sta nuotando, assieme alla posizione orizzontale del corpo, facilita il ritorno venoso ed il riempimento del cuore, potendo aumentare di circa il 20%. Per questo motivo, la frequenza cardiaca durante il nuoto solitamente è di 10 pulsazioni/minuto in meno rispetto ad un’esercitazione terrestre di simile intensità. L’aumento della pressione idrostatica ha, quindi, un effetto benefico sul ritorno venoso del sangue, essendo questo uno dei motivi per cui si suggerisce il nuoto alle ppolazioni con problemi circolatori. Nel mezzo terrestre la deambulazione bipede fa si che il sangue degli arti inferiori debba andare contro la gravità, situazione in cui si vede peggiorata la capacità circolatoria locale per la difficoltà del sistema venoso di pompare sangue in modo indipendente senza contributo della contrazione muscolare (figura 8).
Durante il nuoto, la situazione d’ipogravità idrostatica fa sì che la muscolatura lavori in maniera diversa rispetto all’ambiente terrestre. Nella locomozione terrestre i segmenti corporei sono sottoposti a forze d’impatto di forma periodica, per esempio ogni volta che il piede si appoggia durante la marcia, la corsa o i salti. In queste situazioni la muscolatura lavora, in primo luogo, in forma eccentrica per trattenere il movimento e, immediatamente dopo, in forma concentrica. E il conosciuto ciclo di allungamento-accorciamento (Komi, 1984). Nella locomozione acquatica, e quindi in situazione di ipogravita idrostatica, il corpo umano non sperimenta queste forze di impatto e, conseguentemente, l’importanza del ciclo allungamento-accorciamento è minima. Durante il nuoto predominano quindi le azioni muscolari di carattere concentrico. Soltanto nelle partenze e nelle virate, dove il nuotatore si spinge da una superficie solida, la muscolatura degli arti inferiori segue il ciclo di allungamento-accorciamento.
Ciò non accade nel caso dei pesci e dei cetacei che, nel loro movimento ondulatorio attivano il ciclo di stiramento-accorciamento. La figura 9, che rappresenta il movimento ondulatorio di un delfino, evidenzia come alla fine del movimento discendente la muscolatura dorsale si allunghi e determini una fase eccentrica precedentemente alla sua azione concentrica, mentre alla fine del movimento ascendente, è la muscolatura ventrale che si allunga eccentricamente precedentemente alla sua azione concentrica.
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