Adam Peaty dichiara fermamente che ogni atleta dovrebbe avere il diritto di protestare alle Olimpiadi, e lo fa dopo che il Comitato Olimpico Internazionale ha confermato la regola che prevede sanzioni per chi farà una cosa del genere sul podio o in campo. Il ranista campione Olimpico dei 100 metri ha accolto con gioia la dichiarazione della nazionale britannica che non impedirà di protestare agli atleti che, a Tokyo, vorranno farlo.
Al fianco di Peaty il compagno di squadra Duncan Scott che, assieme all’australiano Mack Horton, prese posizione rifiutando di condividere il podio con Sun Yang ai campionati di Gwangju (2019). Questo a causa della storia di compromissioni con il doping di Sun Yang.
Peaty ha dichiarato recentemente: “le persone dovrebbero avere il diritto di protestare e di farlo dove volgiono. Non penso proprio che si debba infliggere loro una sanzione per aver espresso un’opinione. Ho sempre pensato che le Olimpiadi e lo sport in generale non debbano mischiarsi con la politica, in linea generale. Ma ci soino talmente tanti problemi a livello globale, e non è auspicabile che a quegli atleti venga tolto il diritto di protestare”.
Noncurante delle opinioni degli atleti (tra cui anche il nuotatore Antony Ervin
) il CIO conferma la regola 50, proibendo ogni genere di “dimostrazione o propaganda politica, religiosa o razziale” durante le cerimonie o in campo. Conferma che il divieto rimarrà attivo durante i giochi di Tokyo dopo che secondo un sondaggio, la maggior parte degli atleti sembra esserea favore (si attendono fonti attendibili che confermino tale sondaggio e il valore di una maggioranza su un argomento del genere).Ancora Peaty su Twitter: “Altre migliaia di atleti sono d’accordo con me. La questione è: questa cosa non riguarda solo me. Molti atleti parteciperanno ai giochi da paesi governati da istituzioni autoritarie e corrotte, razziste e non egalitarie, solo per dirne alcune. Quegli atleti dovrebbero avere l’opportunità di protestare. Se siamo sempre tutti allineati e non mettiamo mai in discussione nulla, allora questi problemi potranno soltanto peggiorare e le persone che li causano diventare ancora più potenti.
“Sono d’accordo che ci sia un tempo e un luogo per protestare ma lo sport è uno dei veicoli più potenti per far sentire la voce di quei particolari atleti. Ad esempio, se qualcuno contro cui hai gareggiato sapessi che al 100% si è dopato, non sarebbe giusto rimanere in silenzio (il riferimento è a Sun Yang e alle proteste degli inglesi del video qui sopra).
Anche Michael Gunning, rappresentante della Jamaica ai campionati mondiali del 2017 e 2019, in merito alla quesitone è stato molto chiaro su Twitter: ”
Non mi piace la parola ‘proteste’ perché non dovremmo avere la necessità di protestare per ottenere QUELLO CHE È GIUSTO. Tutti dovremmo avere libertà di espressione indifferentemente dalla professione…
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