di Salvador Llana Belloch, Pedro Perez Soriano, Antoni Bravo Garrigues, Pietro Luigi Invernizzi
Lo scomparso James Counsilman (1921-2004), uno degli scienziati ed allenatori di maggior fama mondiale, evidenzia (Counsilman e Counsilman 1994), come il corpo umano pur essendo composto dal 65% di acqua, quando viene introdotto nel mezzo acquatico risulti un elemento sconosciuto, limitatamente progettato per questo ambiente e con una capacita di locomozione poco efficiente. La modalità poco efficiente della locomozione umana nel mezzo acquatico si deve alle caratteristiche stesse dell’acqua: un liquido denso e viscoso, in cui è difficile applicare forze propulsive e dove le forze di resistenza idrodinamica sono molto elevate. A tal proposito risulta evidente che quegli animali che hanno avuto un evoluzione nel mezzo acquatico, come pesci o cetacei, possono spostarsi in questo fluido in forma efficiente, invece altri animali come l’uomo, che si sono evoluti nell’ambiente terrestre, pur potendosi muovere anch’essi all’interno del fluido acqua, presentano livelli di efficienza molto più bassi. La causa di questa evidente differenza e la morfologia (fig. 1):
-Gli animali acquatici hanno corpi con una “forma d’uso” che gli permette di essere molto idrodinamici ed hanno pinne relativamente grandi e piatte rispetto al formato del loro corpo;
-L’essere umano presenta una morfologia poco idrodinamica e, in più, i suoi arti superiori e inferiori sono lunghi e sottili fornnendo poca superficie propulsiva attraverso la quale interagire con l’acqua (Counsilman e Counsilman, 1994). Per questo motivo, l’efficienza meccanica (lavoro/energia spesa) del nuoto per l’essere umano, arriva solo al 7%, mentre per la corsa oscilla tra il 20% e 30%.
Per capire la locomozione umana nel mezzo acquatico è necessario conoscere quali forze si mettono in gioco quando un nuotatore si sposta al suo interno.
La Figura 2 mostra le quattro forze che governano il nuoto dell’essere umano: la forza peso e la spinta idrostatica condizionano il galleggiamento del nuotatore, mentre le forze propulsive e di resistenza idrodinamica condizionano la velocità di spostamento. Ci sono ovviamente abilità tecniche in cui è possibile appoggiarsi a superfici solide per spingersi, come per esempio l’uscita dai blocchi di partenza e le virate che non saranno però considerate nella nostra trattazione.
Essendo il nuoto un’attività ciclica in cui il gesto tecnico è ripetuto in forma costante, e svolgendosi in una situazione dove l’ambiente in cui ci si muove genera poca incertezza, cioè una situazione chiusa, l’analisi quantitativa delle differenti forze può essere realizzata con un buon margine di precisione.
In questo primo articolo prenderemo in considerazione le funzioni che riguardano il galleggiamento (in capitoli
seguenti parleremo della propulsione e della resistenza).
La prossima settimana la seconda parte!
(originariamente pubblicato ne “La tecnica del nuoto” – organo del settore istruzione tecnica della Federazione Italiana nuoto – mondonuoto.it)
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