Helsinki aveva segnato il trionfo della preparazione, dell’allenamento, dei metodi scientifici.
Lo sport per tradursi in prestazioni di eccellenza doveva diventare una scienza.
La biologia, la fisiologia, la chimica, la dietetica, le leggi dell’ereditarietà, la fisica, la psicologia, l’etnologia, tutto veniva mobilitato per penetrare a fondo nel fenomeno dell’uomo che si appresta a correre, a saltare, a menar pugni, a remare, a nuotare, scoprirne il meccanismo psicofisico, determinarne le reazioni, stabilirne i ritmi nel processo di sviluppo, individuare le componenti più segrete delle forze neuromuscolari e scatenarle nel senso della direzione voluta.
Dalle olimpiadi di Helsinki si trassero osservazioni di straordinario valore, si pubblicarono studi di assoluta serietà scientifica.
Melbourne ribadì ed esaltò nei risultati questa tendenza e suonò persino l’allarme nel timore che la chimica e la biologia potessero alla fine creare il “campione assoluto”, ma posto al di fuori dell’umana misura.
Pericoli non troppo utopistici se si getta uno sguardo sull’ “odierno” problema doping (che finora è riuscito solo a devastare la salute degli atleti …..altro che “campione assoluto” ndr).
Pericoli che meritano di essere richiamati di frequente come un invito ad una continua presa di coscienza dei problemi dello sport, dei suoi fini e delle sue possibili paurose deformazioni.
A Melbourne la vera esplosione gli Australiani la diedero nel nuoto, con i suoi ragazzi e le sue ragazzine terribili.
Il 1956 è un anno fondamentale nella storia del nuoto, l’anno della “rivoluzione”.
Tecnica, scienza e spirito sportivo si alleano per spazzar via con un colpo di spugna quasi tutto quanto si era ottenuto in precedenza. L’Australia sembra voler dimostrare che tutto ciò che si pensava sul nuoto era appena un balbettio e che abbiamo soltanto una vaga conoscenza di quello che può un uomo in acqua.
E’ al Crawl che essi soprattutto badano. Alla fine dell’anno detiene il record di John Marshall nella 440 yards e quello di Rose nei 1500; pochi mesi dopo Devitt, Chapman e Rose si dividono tutti i primati; sono questi i nomi, con Henricks e Thiele fra gli uomini, Dawn Fraser e Lorraine Crapp fra le donne, che assicurano ai nuotatori degli antipodi otto titoli su tredici e in alcune gare (100 stile libero maschili e femminili) per gli altri non c’è neppure una medaglia.
Gli altri ori sono, naturalmente fra gli uomini, solo nuotatori americani e giapponesi (Il nuoto porta alla ribalta campioni anche altrove, ma alle olimpiadi si constata che, salvo rarissime eccezioni, si tratta sempre di una questione in famiglia fra australiani, americani e nipponici).
Nella piscina di Melbourne fu tenuto a battesimo il nuoto dell’era nuova e il grande sacerdote ne fu il diciassettenne Murray Rose, vincitore dei 400 e dei 1500 stile libero e nel quartetto della staffetta. I 1500 stile libero sono da ritenersi la p iù bella gara in assoluto dei Giochi.
Tre i protagonisti, Murray Rose
Già nei 400 i tre si erano trovati di fronte e avevano finito nell’ordine. Breen, furioso per lo smacco subìto nei 400, scese in acqua per la terza batteria dopo che Rose e Yamanaka avevano abbassato di una ventina di secondi il record olimpico di Ford Konno.
Dopo 100 metri, roteando le braccia come un forsennato era già in vantaggio di oltre 5 secondi sui tempi del secondo.
Lottava contro se stesso, contro il tempo e contro i rivali che dal bordo della piscina lo seguivano con lo sguardo.
La gente, all’annuncio dei passaggi intuiva che il “lupo solitario” stava compiendo una grande impresa e veniva sempre più esaltandosi per quella lotta isolata contro il nemico invisibile, il battere dei secondi, dei decimi di secondo. Gli altri nuotatori erano persi nelle loro corsie, lontani e rassegnati.
L’ultima vasca fu percorsa da Breen con una sorta di rabbiosa disperazione.
Quando toccò il bordo della piscina, il cronometro decretò 17’52″9: non il record olimpico, MA QUELLO MONDIALE era stato FRANTUMATO!!!!
Rose aveva impiegato 12″8 in più; Yamanaka 15″1.
La finale attirò quindi una grande folla nello stadio del nuoto.
Aveva Breen consumato tutte le sue energie? E come si sarebbe comportato contro i rivali alla sua altezza e non più solo contro il tempo? Yamanaka non aveva forse corso al risparmio, alle spalle di Rose? E chi poteva conoscere i limiti veri di Rose? Partirono dalle tre pedane centrali e Rose tentò subito l’a fondo per distaccare gli avversari.
Ma Breen non era il tipo da lasciarsi passare davanti senza rispondere. E fu lui a guidare. Ai 700 metri era ancora in testa, ma era difficile scorgere a occhio quei 3/10 che lo dividevano da Rose e Yamanaka allo stesso livello. Poi, esattamente a metà gara, Rose forzò, elegante, sciolto, con quella sua nuotata senza apparente sforzo, si affiancò a Breen e il confronto diretto di quelle palate possenti e furibonde con il velocissimo trascorrere senza rotture era già una dichiarazione palese, un pronostico inconfutabile.
Anche Yamanaka ai 1100 superò Breen e tentò di attaccare anche Rose. Ma Rose era imprendibile e si ripetè l’arrivo dei 400.
Per la prima volta anche l’italia entrava nell’aristocrazia del nuoto, infilando un concorrente nella finale dei 400 e piazzandosi settima nella finale della staffetta.
Merito in gran parte del pesarese Angelo Romani, l’alfiere del “nuovo corso” del nuoto azzurro, il primo italiano a stabilire un primato europeo, detentore di tutti i primati nazionali dai 100 ai 1500, da lui portati su limiti accettabili.
UOMINI
100 metri stile libero
1-Henricks AUS 0:55.4 |
400 metri stile libero
1-Rose AUS 4:27.3 |
1500 metri stile libero
1-Rose AUS 17:58.9 |
200 metri RANA
1-Furukawa GIA 2:34.7 |
100 metri DORSO
1-Theile AUS 1:05.4 |
200 metri FARFALLA
1-Yorzyk USA 2:12.8 |
4×200 metri stile libero
1-Australia 08:23.6 |
DONNE
100 metri stile libero
1-Fraser AUS 1:02.0 |
400 metri stile libero
1-Crapp AUS 4:54.6 |
4×100 metri stile libero
1-Australia 4’17″1 |
200 metri RANA
1-Happe GER 2:53.1 |
100 metri FARFALLA
1-Mann USA 1:11.0 |
100 metri DORSO
1-Grinham GRB 1:12.9 |
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